Vita e imprese leggendarie di Cesare Maestri, il Ragno delle Dolomiti, in un docufilm inedito di Massimo Manfregola
ROMA – Sotto i riflettori di Rai News 24 la presentazione del nuovo ed inedito docufilm sul rocciatore Cesare Maestri ha destato un interesse che non ha tradito le aspettative. Il cortometraggio di Massimo Manfregola, presto disponibile sulla pagina MasmanVideo della piattaforma multimediale YouTube (https://www.youtube.com/channel/UCJsoPQoCO8Yif-jysSh9LfQ), ha voluto celebrare in un valzer di emozioni e di ricordi passati a rassegna dal rocciatore che, alla soglia delle novanta primavere, è una icona dell’alpinismo mondiale.
Nel consueto ping pong di domande della conduttrice Barbara Di Fresco, a margine del tg serale delle 21.30, sono stati scandagliati i frammenti di una intervista ad un personaggio considerato a buon titolo come uno dei rocciatori più forti e capaci del nostro Dopoguerra. Fra le sue imprese che hanno destato maggiore interesse, c’è senza dubbio la prima ascensione al Cerro Torre in Patagonia del 1959, assieme al suo compagno di cordata Toni Egger, che troverà tragicamente la morte in un crepaccio della montagna argentina a causa di una valanga che lo travolse durante il rientro al campo base, dopo la conquista della vetta, fino ad allora rimasta inviolata.
Dalle anteprime relative alle immagini che caratterizzano il documentario girato a Madonna di Campiglio nell’aprile scorso, si scorgono soggettive particolarmente curate nel catturare attraverso l’impietosa lente dell’obiettivo, anche le sensazioni più recondite di un Cesare Maestri sorprendente, al punto che riesce a fare una sintesi del suo vissuto con una lucidità disarmante; alternando storia di vita vissuta e qualche emozione, tradita dagli eventi ineluttabili della vita stessa, che scorre come un fiume in piena in un percorso sempre misterioso. Le mura della sua casa, roccaforte di un presidio che per la prima volta è stato violato da una telecamera, sono come l’ultimo baluardo di un sistema difensivo che non ha bisogno di protezioni strategiche, e che hanno come sentinelle imperturbabili le guglie delle cime innevate delle Dolomiti di Brenta; quelle montagne che per una vita hanno rappresentato per il Ragno delle Dolomiti una passione senza fine e un lavoro indispensabile per sbarcare il lunario quando c’era ancora tutto da inventare nell’ambito di un turismo di massa che cominciava a scoprire le vacamze in montagna, rispetto ad un passato in cui solo una ristretta èlite borghese poteva concepire il lusso di una breve trasferta nelle località più rinomate dell’arco alpino.
La presenza in studio del giornalista di origini pugliesi, grande appassionato ed esperto di alpinismo, è stata proficua per approfondire i tratti salienti di un lavoro che si è concentrato principalmente nello scandire, attraverso le placide e accoglienti atmosfere dei luoghi più familiari del vissuto quotidiano di un personaggio carismatico e intransigente, i ritmi di un tempo che intreccia i suoi ricordi con un passato che disegna la storia.
mas.man.
27/5/2018
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