L’Affaire “Rom” e il piano di integrazione miliardario senza prospettive

nov 02, 2014 No Comments by

In arrivo cospicue risorse finanziarie a favore dell’integrazione, spesso rifiutate proprio dalle popolazioni “rom”. Dall’Accordo di partenariato ai maiali distribuiti dalla Banca Mondiale, digeriti presto: nel senso più alimentare del termine.

ROMA – Immigrazione e integrazione sono i temi più scottanti dell’agenda politica nazionale ed europea. Se una volta la politica e gli affari erano l’anticamera di un pregiudizio allarmante, oggi entrambe rappresentano la faccia della stessa medaglia. In un momento in cui le forti diseguaglianze sociali rischiano di mettere in crisi la coesione sociale, aprendo conflitti e fratture nel mondo civile, emergono alcuni dati ufficiali del bilancio 2005/2010 del Dipartimento ufficio nomadi del Comune di Roma: 59,710 milioni di euro è la cifra da capogiro utilizzata per la gestione e la costruzione dei campi rom nella sola Capitale. Nomadi, termine improprio, perché la comunità romanì in Italia è una realtà che nel Belpaese conta già molte generazioni stanziali con una condizione sociale che, per molte famiglie, è ben al di sopra delle normali aspettative di un cittadino medio.

 

Un mare di denaro pubblico per finanziare i campi rom a Roma

Tuttavia, la politica continua ad avere una visione miope del problema (c’è da crederci?). così deformata della realtà, da spendere ben 3,8 milioni di euro per costruire due campi rom alla periferia di Roma (in via di Salone e di Castel Romano). Come se non bastasse, poi, altro denaro viene bruciato per lo sgombero di questi campi, per la disinfestazione e la bonifica del terreno, la cui destinazione d’uso cambia – guarda caso – in funzione dei progetti che il comune ritiene più appropriati, magari anche con concessioni edilizie per la costruzione di nuovi residenze o impianti sportivi privati.

La gestione di questa fantomatica emergenza (già bandita da una sentenza del Consiglio di Stato del 16 novembre del 2011), conta un esborso di risorse economiche pazzesche: basti pensare che nel bilancio spese del quinquennio 2005/2010, nell’abbondante torta di circa 60 milioni di euro, esiste la voce di spesa “gestione campi” che copre una fetta del 33 per cento dell’intero bilancio. Nella stessa voce confluiscono anche il costo di alcune municipalizzate del Comune di Roma, come Ama e Atac, che incidono per alcuni milioni di euro, a fronte di servizi relativi alla pulizia e al decoro dei campi rom di Roma (che versano in situazioni da terzo mondo) e al trasporto bambini scuolabus per il progetto di scolarizzazioneprevisto dal piano di integrazione.

In calo il livello di scolarizzazione dei bambini rom

Ma le contraddizioni stridono e sono eclatanti perché «Il numero dei bambini rom che frequentano la scuola è bassissimo»,ci racconta Antonio Ardoino, operatore sociale che si occupa di numerosi progetti di integrazione della comunità romanì nella Capitale. «Il problema della scolarizzazione è di fatto uno dei problemi di integrazione dei rom che vivono, quasi esiliati, nei campi di molte periferie di Roma ai margini di insediamenti urbani di potenziale aggregazione», aggiunge.

«È un sistema, questo messo in piedi da anni, che non ha prodotto nessuna ricaduta positiva sull’ integrazione dei rom, che vivono segregati in condizioni che alimentano le occasioni per delinquere nel contesto di una perversa e costosa logica di integrazione sociale»«Sono convinto che la stessa mole di investimenti – conclude Ardoino – possa essere utile per dare delle risposte alle politiche sociali per tutti i cittadini bisognosi, e non solo per l’esigua comunità rom che a Roma non conta più di settemila unità censite». Un’architettura di agglomerati associativi, e numerose cooperative, oltre alle municipalizzate comunali, fanno da contorno a questo paradossale sistema, secondo uno schema ormai ben oleato e collaudato ma che convince sempre meno i cittadini, la finanza pubblica e gli addetti ai lavori. Aumenta dunque lo scontento, il degrado e pure i finanziamenti per alimentare una filiera al consumo inutile che persino l’Europa ci consiglia di azzerare.

L’Isfol rilancia il progetto europeo di integrazione

Ma andiamo avanti con ordine: lo scorso 5 e 6 giugno l’Isfol, ente pubblico di ricerca sui temi della formazione delle politiche sociali e del lavoro, ha presieduto “EuRoma Meeting”, un dibattito che ha raccolto attorno ad un tavolo circa 50 rappresentanti dei 12 Paesi europei partner della Rete transnazionale per i Fondi sociali europei in favore dei rom, sinti e camminanti. Secondo il direttore generale dell’Isfol, Paola Nicastrosarebbero stati raggiunti ottimi risultati nei processi di integrazione sociale anche nel nostro Paese, nonostante le sacche di criticità, grazie alla rete EuRoma e agli scambi con gli altri paesi membri.

Il magnate George Soros e la sua fondazione

Per questo motivo si prevede di implementare gli investimenti relativamente al tema, perché da uno studio e da un’analisi stilata sull’utilizzo dei fondi a favore delle strategie nazionali per l’inclusione dei rom, nell’ambito di un progetto Quadro europeo, si è giunti alla considerazione per cui il livello di spesa (ossia 50 miliardi di euro stanziati complessivamente ogni anno dai tre fondi europei strutturali FSE, FESR e FEASR) è ancora troppo basso per ridurre il divario fra rom e il resto della popolazione. Fra i paladini dell’integrazione della comunità romanì in Europa (che conta circa in 12 milioni di persone, con una concentrazione di circa 10 milioni solo in Romania) c’è il magnate George Soros, nato in Ungheria ma naturalizzato americano, il quale già presidente della fondazione “Open Society Foundations”, ha donato ben 150 milioni di dollari a favore di un programma che mira alla scolarizzazione e alla integrazione della comunità rom in Europa.

L’Accordo di partenariato

Ma esiste uno strumento messo a punto per gestire al meglio i fondi (si spera) per l’integrazione delle comunità rom in Europa: è il contratto di partenariato. Infatti, l’utilizzo dei fondi comunitari per la coesione del settennio (2014-1020) e del relativo cofinanziamento nazionale, avverrà sulla base di un “Accordo di partenariato” e di programmi operativi da concordare con la Commissione europea.

Il nostro ministero per la Coesione Territoriale ha già predisposto una bozza di accordo che il ministro Carlo Trigilia ha già sottoposto all’attenzione del Commissario per gli Affari Regionali Johannes Hahn. Il documento prevede che il nostro Paese benefici di un totale di risorse comunitarie pari a 32,268 miliardi di euro, secondo alcuni criteri che prevedono il risarcimento di 7,695 miliardi di euro per le regioni più sviluppate (Val d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia,Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna,Toscana, Marche, Umbria, Lazio), di 1,102 miliardi di euro per le regioni in transizione (Abruzzo, Molise e Sardegna), e di 22,334 miliardi di euro per le regioni meno sviluppate (Calabria, Campania, Sicilia, Puglia e Basilicata).

Alla quota comunitaria si aggiungerà il cofinanziamento nazionale a carico del Fondo di rotazione di cui alla legge n. 183 del 1987, preventivato nel d.d.l. per la formazione del bilancio annuale (Legge di Stabilità per il 2014) nella misura di 24 miliardi di euro, nonché la quota di cofinanziamento di fonte regionale da destinare ai POR (quantificabile in una cifra pari al 30 per cento del cofinanziamento complessivo del programma).

In arrivo una valanga di miliardi a sostegno dell’integrazione

Il cofinanziamento consentirà, in pratica, di raddoppiare il volume di risorse assegnato dalla Commissione Europea. Infatti, alle risorse dianzi elencate si aggiungeranno anche quelle del Fondo Sviluppo e Coesione, il cui rifinanziamento per il periodo 2014-2020 è previsto nel disegno di legge di Stabilità per il 2014 per un importo complessivo nel settennio di programmazione di circa 54 miliardi di euro: una parte rilevante di queste risorse dovrebbe essere destinata, nella proposta del Ministro per la Coesione Territoriale, alle Amministrazioni centrali nella proporzione del 60% (nel ciclo in corso la proporzione è del 50%).

Inoltre, il Fondo opererà per investimenti pubblici destinando l’80% delle risorse alle regioni del Centro-Sud e il 20% al Centro-Nord. Nel complesso il volume di risorse per la Coesione Territoriale nel prossimo ciclo 2014-2020 supererà i 100 miliardi di euro. Una speciale Agenzia dovrebbe essere l’organismo di controllo per l’impiego dei Fondi.

Per l’antropologa Monica Rossi bisogna cambiare strategie

Ma questo mare di risorse finanziarie e un’attenzione forse troppo utopistica sul problema non convince chi da anni è a stretto contatto con le problematiche dei rom, e non solo in Italia. In occasione del seminario “Media e Rom” organizzato da Stampa Romana e Ordine dei Giornalisti del Lazio presso l’Università degli Studi Maria SS. Assunta di Roma (Lumsa), è intervenuta anche Monica Rossi, antropologa, sociologa e ricercatrice presso l’università di Birmingham, che lavora sul tema dell’integrazione di rom e sinti dal 1992 e ha maturato una sua precisa opinione sul problema. «L’approccio istituzionale sul tema della integrazione è assai controverso. Si distribuiscono finanziamenti a pioggia senza che ci sia un controllo e un monitoraggio su come vengano impiegati i Fondi strutturali europei», afferma la dottoressa Rossi.

«Basta guardare cos’è accaduto con le centrali eoliche in Sicilia – osserva con una punta di malcelata indignazione – dove un fiume di denaro pari a circa 34 milioni di euro è finito nelle mani di società di facciata», senza alcun controllo. «La cosa assai grave – aggiunge – è che certe politiche di promozione a favore delle comunità rom mettono a serio rischio la coesione sociale, a causa di scelte illogiche dei governi. In Europa si lavora solo sulla base di indicatori macroeconomici, secondo una visione teorica distorta della realtà, al punto che le attività di “training” sembrano essere una moda evergreen e una panacea per tutti i mali. Ma non è così nella realtà», aggiunge l’antropologa dell’Università di Birmingham.

Monica Rossi è un fiume in piena e non lesina stoccate e frecciatine velenose persino nei confronti della Banca Mondiale, per la sponsorizzazione di progetto di microcredito per i rom che prevedeva la distribuzione di 15 maiali per le famiglie disagiate, le quali – come era prevedibile – non hanno trovato di meglio che “digerire” i suini rifocillando le loro dispense di salsicce e sopressate. Poi la combattiva Monica Rossi conclude la sua riflessione con un’espressione assai significativa, se consideriamo il delicato momento di grave congiuntura economica e di disagio della popolazione più indigente: «Diverso è bello quando questo è accettabile, altrimenti è stigma».

Massimo Manfregola

Twitter: masman007

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L’articolo è stato pubblicato il 15 giugno 2014

Cronaca, Dossier

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